Visualizzazione post con etichetta beethoven. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta beethoven. Mostra tutti i post

lunedì 5 novembre 2012

Ascoltarsi e saper ascoltare

Essere l'angelo custode di sé stessi. Ascoltarsi e dedicarsi del tempo...magari ascoltandosi un bel concerto di classica. Questo è quello che ho fatto stasera, approfittando dell'opportunità del concerto al Teatro Novelli di Rimini, "offerto alla città per volere e in memoria di Minnie Torsani" (ovvero GRATIS) in apertura della Sagra Musicale Malatestiana.
Come secondo programma, il Trio di Parma (ovverosia nello specifico Alberto Miodini al pianoforte, Ivan Rabaglia al violino e Enrico Bronzi al violoncello) avrebbe eseguito l'Arciduca, op.97 di Beethoven e il trio per violino, violoncello e pianoforte, op.65 di Dvořák  Entro a teatro e come al solito noto l'evidente mancanza di giovani (meglio spendere 10 euro per un aperitivo, che godere di un concerto gratis vero?).
Lo ammetto, la prima parte su Beethoven non mi ha entusiasmato. Bravissimi tutti e tre i musicisti, ma era proprio il componimento in sé a non entusiasmarmi. Ad eccezione di questo movimento, meno arzigogolato e intriso di note, ma più caldo e carezzevole (ovviamente nel video gli interpreti sono altri, ma non potevo fare altrimenti).



In ogni caso, anche se gli interpreti fossero esattamente gli stessi, non renderebbe mai completamente l'idea del concerto dal vivo: senza poter vedere i musicisti soffrire e contorcersi sui loro strumenti. L'interprete del trio che più mi ha colpito in questa prima parte, è stato il violoncellista Bronzi: incapace di restar fermo sulla sua seggiola, ogni nota vibrava in lui prima ancora che nel suo strumento. E l'espressione del suo viso, quasi esasperata, era in grado di prenderti e trascinarti nella sua musica.
Il pubblico affianco a me comincia a dare segni di cedimento alla seconda parte del concerto; forse l'orario tardo o forse ormai stanchi.. Esistono sempre delle piccole avversità nel trovarsi in mezzo a un pubblico di pensionati (e non sempre presi dalla musica), ma almeno apprezzo la loro curiosità e volontà di provare ad avvicinarsi a questo tipo di concerto, oltretutto offerto dalla città (e quindi GRATIS, ci tengo a sottolinearlo).
La parte dedicata a Dvořák è stata a mio parere sublime.




Uscire da teatro sentendo il vento che si alza fra gli alberi, le foglie che volano ovunque e l'odore del mare in burrasca...bé, cosa vi siete persi miei bei riminesi pantofolai.








Qualche riga di invettiva per i giovani riminesi:

Dove eravate?! Perché il vostro acume, la vostra intelligenza e sensibilità viene fuori solo per creare frasi d'effetto su facebook?! Concedetemi di generalizzare visto che ultimamente, anche alle mostre, ho visto solo turisti e gruppi di pensionati.. Giovani ciechi, sordi e senza cuore...
Concedetemi il linguaggio estremamente diretto: che gente del cazzo. Oh. L'ho scritto.



giovedì 29 marzo 2012

Gustav Klimt, disegni intorno al Fregio di Beethoven


In occasione del 150° compleanno di Gustav Klimt, la provincia di Milano gli ha dedicato questa splendida mostra allo Spazio Oberdan (zona Porta Venezia): Gustav Klimt, disegni intorno al Fregio di Beethoven (è aperta fino al 6 maggio, quindi affrettatevi).
Dopo una prima stanza introduttiva, dedicata ai manifesti della Secessione Viennese e alla rivista Ver Sacrum, legata al movimento, si entra subito nel pieno della mostra con la riproduzione in scala reale del Fregio di Beethoven. L’opera, che occupa ben tre pareti, è resa ancora più imponente dalla Nona Sinfonia di Beethoven riprodotta in sottofondo all’interno della sala. L’allestimento del fregio è concepito secondo l’idea di Klinger per la sua grande scultura, raffigurante appunto Beethoven: l’artista visto come salvatore e liberatore dell’umanità afflitta.
Purtroppo manca la prima parte con la Debole Umanità sofferente che prega in ginocchio il Cavaliere armato (emblema della virtù), il quale, accompagnato da Orgoglio e Compassione, acconsentirà a farsi carico dell’impresa.
Le tre grandi pareti presenti sono dominate ciascuna da un tono cromatico diverso: la prima colori cupi e scuri dovendo raffigurare i vizi e le difficoltà dell’uomo; la seconda è dominata dal bianco, a far da sfondo alle buone intenzioni e agli aneliti; infine, la terza è dominata dall’oro, forse a memoria della vittoria del cavaliere, forse ad emblema dell’eternità.


La prima parete colpisce in tutta la sua oscura brutalità: la pazzia si fa largo a forza nell’angolo a sinistra, raffigurata come una vecchia dal viso scheletrico e dai seni decadenti, con gli occhi argentei e vuoti. Tristissima è la terza Gorgone, che alza la gamba quasi a chiudersi nelle sue stesse sofferenze. Nell’insieme si percepisce caos e perdizione, enfatizzati dall’ampio spazio decorativo (circa metà parete) dedicato a un turbinio vertiginoso e a linee spigolose; vortici squamati come serpenti che soffocano lo spettatore, non lasciando un solo centimetro di sollievo.

Abbandonata e sola fra queste spirali, troviamo la raffigurazione di Dolore Struggente: una donnna ossuta e dalla pelle decadente, ranicchiata su se stessa. Pesano i lunghi capelli neri e gli angosciosi veli neri trasparenti; leggeri forse, ma per lei così opprimenti. La sua fragile figura assume ancora più risalto nel suo abbandono al centro del trambusto di quelle oscure presenze; sola, mentre le altre figure cercano di farsi spazio, ammucchiate come sono nella prima metà della parete. Appesantita, intrappolata tra le desolanti spire, è oltretutto sovrastata da pungenti linee color ghiaccio che la premono verso il basso. Proprio a metà tela, centrale eppur in basso, quasi a non destare attenzione, l’emblema della più grande paura dell’uomo: un teschio, la morte.


Nella seconda parete prevade il bianco candore, mentre in alto scorrono le volontà: figure di donne soavi, leggere, morbide e dagli occhi socchiusi. Eppure anche la volontà più pura si scontra con le difficoltà: così queste leggiadre figure finiscono per ammucchiarsi, scontrandosi verso un invisibile muro. Sotto di loro, una figura di donna con una lira in mano, è la raffigurazione della Poesia: a testa china, ripiegata passivamente su se stessa e con gli occhi chiusi, attende il cavaliere perché l’anelito alla felicità possa placarsi con l’unione dei due.



Il Fregio prosegue con le arti, che con un moto ondoso ma equilibrato si innalzano verso l’alto per poi allungare il braccio a sinistra tendendo la mano al Coro degli angeli del Paradiso: un coro ordinato, immobile, sospeso in aria. I volti degli angeli sono rivolti verso l’alto, così come i palmi delle mani, che contengono fiori.

Infine abbiamo il lungo abbraccio, esaltato da un’esplosione dorata di sottofondo, con cui il Cavaliere si unisce alla Poesia. Le linee che prima si erano fatte morbide e leggere, ora tornano forti e marcate a delineare il muscoloso corpo maschile di schiena.
Probabilmente non avrei dato troppa attenzione a questo abbraccio, non fosse per la lunga chiacchierata che ho avuto il piacere di fare con un signore proprio all’interno della mostra. C’era qualcosa in quell’abbraccio che non mi emozionava e grazie a lui ho capito. In quell’abbraccio all’apparenza protettivo, percepivo il fastidio che prova un bambino nei confronti di una madre troppo invadente. L’uomo, interamente di schiena, forse protegge la poesia, ma al contempo l’annulla, la soffoca; quasi non ci accorgeremmo di lei se non fosse per quelle braccia bianche lanciate attorno al collo di lui.
Un abbraccio molto più intenso, invece, l’ho ritrovato in uno dei disegni esposti nelle due sale successive. Forse non più intenso ma più umile, più sincero. Il piccolo studio di nudo rappresenta una donna incinta e un uomo. Qui il rapporto non è sbilanciato: entrambi si abbracciano e sorreggono a vicenda. L’uomo, dal corpo forte e ben delineato, china la testa sulla donna con profondo rispetto e consapevole della responsabilità comune nei confronti della nuova vita in arrivo. Il disegno della donna incinta verrà tradotto poi nella splendida ed elegante figura di Speranza, ma dell’uomo che la sorregge e del profondo legame tra i due non c’è più traccia. A volte le committenze posso fare grossi pasticci..
Un altro disegno su cui voglio scrivere due righe (nonostante purtroppo non abbia alcuna immagine da mostrarvi) riprende due amiche. Anche queste sono abbracciate, l’una seduta a fianco all’altra. La figura centrale è ben delineata mentre l’amica al suo fianco è appena abbozzata. C’è stato chi, in sala, ha interpretato questa presenza/assenza come qualcosa di onirico (probabilmente influenzato da i disegni precedenti, che raffiguravano appunto delle donne addormentate). Personalmente, ho visto l’allegoria dell’amicizia, quella più pura e senza secondi fini; quel sentimento profondo che ti lega e ti rende sempre presente affianco all’amico, anche nell’assenza (quando non puoi esserlo fisicamente).
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001