lunedì 28 maggio 2012

Bramantino a Milano.


Qualche nota sulla mostra dedicata a Bramantino a Milano, in esposizione al Castello Sforzesco. La mostra, a cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, intende dar visibilità all'artista attraverso un allestimento, in ordine cronologico, che riunisce le opere presenti nella città di Milano seppur disperse tra diverse sedi (può essere una doppia occasione per vedere le opere dell'artista presenti alla Pinacoteca Ambrosiana senza dover investire 10 euro per il biglietto..che assolutamente li vale, ma effettivamente non è poco per uno studente!).



Immancabile l'Argo (qui a sinistra), ai più sconosciuto poiché il grande affresco si trova in un locale della biblioteca Trivulziana.


All'interno della stessa sala troviamo il Compianto di Cristo morto proveniente dalla Pinacoteca Ambrosiana. Purtroppo non ho un'immagine dell'opera da mostrarvi, ma il volto della Vergine merita di soffermarsi qualche minuto. La sua bocca è dischiusa, il naso arricciato  e la fronte è corrugata e illuminata dal basso (per altro, ottima la posizione del faretto che riesce a mettere in risalto la capacità del pittore di riflettere sulle possibilità espressive della luce). Seppur consapevole del valore di quel sacrificio, sorge la madre che è in lei in quello sguardo sofferente, quasi a chiedersi il perché di quella triste fine per suo figlio. Un dettaglio straziante è la ciocca di capelli che si intravede scendere dolce fra le dita della Vergine, mentre sorregge la testa del figlio, così pallido e magro..





Sempre dalla Pinacoteca Ambrosiana, l'Adorazione del bambino.
Questa strana adorazione sembra quasi svelare la tragicità del destino che si prospetta per il bambino. Il piccolo Cristo, come un bambino qualsiasi, si ciuccia un dito con aria ingenua mentre i volti contriti e l'ambiente freddo e marmoreo accennano a un'inquietudine sottesa.
L'albero che si insinua a sinistra sullo sfondo, con i suoi rami secchi e vorticosi, contribuisce a rendere l'atmosfera quasi cimiteriale, piuttosto che restituire calore alla scena.



Molto intenso anche il Noli me tangere: affresco staccato del 1500 ca, viene dalle Civiche Raccolte di Arte Antica, presenti nella pinacoteca del castello stesso. Magnifico e algido il Cristo, mentre la Maddalena è colta nel bloccarsi dal tentativo di toccarlo, con uno sguardo devoto, malinconico seppur di piena accettazione.


Al piano superiore, nella Sala del Balla, l'esposizione prosegue con i 12 arazzi, raffiguranti i Mesi.

La mostra resta aperta fino al 25 settembre ad ingresso meravigliosamente GRATUITO, anche per offrire la possibilità ai milanesi di riavvicinarsi all'arte come bene COMUNE dei cittadini. Può essere un'occasione per sfruttare diversamente la propria pausa pranzo!


Per chi fosse interessato e volesse più informazioni sugli intenti dei curatori e sulle opere presenti, vi rimando ai link sopra postati; inoltre, il Giornale dell'Arte ha pubblicato un'intervista a Giovanni Agosti, curatore della mostra.

martedì 22 maggio 2012

Milano. 'Le rovine di Milano' di Giovanni Agosti | Mentelocale.it

Milano. 'Le rovine di Milano' di Giovanni Agosti | Mentelocale.it

Ci fossero più uomini come Giovanni Agosti nel campo della storia dell'arte.
Per adesso, credo che mi rifarò con la mostra da lui organizzata su Bramantino al Castello Sforzesco: mostra GRATUITA, perché chi ama l'arte sa che è un bene comune e vuole curarla, mostrarla e condividerla.

http://www.milanocastello.it/ita/mostre.html

lunedì 21 maggio 2012

Absinth


Jeanne Mammen, Frau mit Absintglass. 


"Apocalisse, ottavo capitolo. Si parla di assenzio. Assenzio è il nome della stella ardente nella visione di Giovanni, e adesso viene il bello: l'arbusto d'assenzio in russo si dice Černobyl'nik. Anche il resto in qualche modo concorda. Ecco l'ambivalenza della luce, dell' âge de lumière, del fuoco prometeico - la torcia che reca prima luce e poi morte, l'infocato reattore-stella cadente. Ecco i molti che per causa sua muoiono, centomila vittime delle radiazioni solo in Bielorussia. Ecco le sorgenti contaminate in un terzo delle terre a sud. Ecco l'amaro, l'assenzio, e questo è l'inquietante della storia, che tanto piace ai russi: è tutto un gioco di parole oggettivo, non inventato, se mai può essercene uno simile. Il verbo era prima dell'azione, l'immagine prima dell'evento. Giovanni è una visione, Černobyl una sciagura, ma insieme rappresentano la parabola dell'assenzio"
Wolfgang Büscher, Berlino-Mosca. Un viaggio a piedi, Voland, 2005.

La parabola dell'assenzio apre questo nuovo post dedicato alla Fata Verde. Chi non conosce la storia di questa bevanda, polline per i bohémien in cerca di oblio poi proibito come pericoloso veleno che annebbiava le menti, può dare una spolverata su questa pagina di stampa alternativa, dedicata al libro di Alex Panigada sulla storia di questo liquore.

Liscio
Una sorta di rituale iniziatico accompagna la mescita della bevanda, che viene servita lasciando scorrere un po di liquore nel fondo di un calice di forma svasata. Subito dopo viene appoggiato al bordo del calice un cucchiaino forato che sorregge una zolletta di zucchero su cui si lascia colare lentamente dell’acqua fresca per diluirlo, addolcendolo.
Flambè o bohemiènne


Alla francese
Le ore scorrono mute e silenziose in compagnia di un bicchiere dove è stato versato l’infuso, mentre in breve tempo un leggero e gradevole senso di stordimento, di lontananza dalla realtà si impadronisce del bevitore, incapace di liberarsi dal suo abbraccio mortale.





Il tema del bevitore d'assenzio viene affrontato da molteplici pittori e scrittori, spesso legato al tentativo di leggere ed esprimere lo sguardo assente del bevitore.



Degas, L'assenzio, 1876, Museé d'Orsay.
Nella tela di Degas, ad esempio, la scena si svolge all'interno di un caffè, luogo deputato agli incontri alla moda. Eppure il pittore ci mostra una donna e un uomo, seduti l'uno a fianco all'altro ma chiusi nel loro isolamento silenzioso. Ciò che colpisce è lo suo sguardo stanco della donna, perso nel vuoto, i suoi lineamenti sfatti e la sua figura abbandonata sullo schienale nell'opprimente clima dell'ambiente circostante. L'uomo è seduto al suo fianco ma non ha contatto con la donna; la sua figura sfuma lentamente nello sfondo, quasi fosse più parte dell'arredamento che uno dei soggetti del quadro. Il vero soggetto e il vero compagno della donna è il calice di assenzio, posto proprio di fronte a lei. In primo piano, lo spazio vuoto e il tavolino in scorcio con una bottiglia rovesciata, danno ancor maggiore enfasi all'estraniamento dei due.


Picasso, Bevitrice d'assenzio, 1901,
The State Hermitage Museum
.






Ben diversa è la bevitrice di Picasso. Nonostante l'occhio semi dischiuso, sintomo evidente dello stato alterato della bevitrice, l'espressione del suo sguardo e la posa delineano comunque una figura più assorta e concentrata. Ha lunghe dita con cui si stringe entro se stessa, in un raccoglimento nervoso e forte; lo sguardo vola oltre, quasi senza accorgersi del bicchiere di fronte a sé. Sta viaggiando seduta, persa nei suoi pensieri, seria con i suoi lineamenti decisi e la bocca serrata; non è assente come nell'abbandono della donna nel quadro precedente. 

Picasso proporrà diverse tele incentrate su questo tema. Voglio qui accennare solo a un'altra dello stesso, a distanza di un anno, per mostrare le infinite possibilità di interpretazione del tema.

In questo caso, la donna ha gli occhi chiusi, il viso scarno ed è accucciata nel suo spesso manto. La tela è dominata dai toni del blu e del grigio-argento, toni freddi che affiancati al gesto di chiusura del corpo e all'assenza di qualsiasi dettaglio al di fuori della donna e del suo bicchiere vuoto, accentuano il senso di freddo e tristezza per la sua solitudine senza orizzonti.


Esparbés,  Le buveur d'absinthe  



Ben diversa è la resa del soggetto nel quadro di Jean d'Esparbés. Qui il bevitore è colto nello slancio del bere e non più nei successivi istanti. I capelli al vento e la mano destra scomposta rendono la foga del gesto. I colori confusi e mescolati creano un caotico vortice cromatico in cui la realtà si dilata e scompare, sotto l'effetto dello stordimento dato dal liquore.


L. Mednyanszky, absinth drinker, c. 1898.
Hungarian National Gallery.

La solitudine, una tensione visionaria, la foga e la volontà di estraniarsi dalla realtà e infine..
il delirio.

Mednyanszky riesce a rapire quel brivido di follia, dovuto al vaneggiamento per l'eccessiva ebbrezza, in questo sguardo sgranato, quasi spaventoso. Ha il viso sfigurato dall'ubriachezza e il corpo che lentamente si lascia andare spostando tutto il peso in avanti sul tavolo.

Le dicerie sul “principio attivo” che portava a pazzia e delirium tremens furono gli espedienti per metterlo al bando. L’assenzio era bevuto tutti i giorni, prima di rientrare a casa dopo una giornata di lavoro, tra le 5 e le 7 pomeridiane, nell’ora dell’aperitivo, che aveva preso il nome di heure verte (l’ora verde), proprio perché l’aperitivo in questione era l’assenzio.





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