lunedì 9 settembre 2013

Ceci n'est pas un rêve


Lavorare in galleria a volte può essere interessante. Puoi incontrare critici come Fattino Tedeschi e conversare con loro, confrontarsi sulle politiche culturali della provincia e dell'Italia stessa, incontrare amanti dell'arte e collezionisti. Altre volte è meno entusiasmante e ti vedi riflesso come in un film, in cui tu e la galleria restate fermi, immobili ed eterni mentre scie di persone passano rapidamente senza lasciare il segno. Il tempo corre e lo vedi dall'ombra che pian piano inghiotte la villa al calar del sole. Una forte malinconia ti avvolge e capisci... che non c'è arte senza condivisione. La solitudine schiarisce il pensiero, ma non c'è vita senza persone, paesaggi o momenti che, nel loro sfiorarti, lascino un'impronta nelle tue giornate.

...Ceci n’est pas un rêve...


Magritte, L'arte della conversazione I.



...in un paesaggio da principio del mondo o da gigantomachia, due minuscoli personaggi stanno conversando: discorso non udibile, mormorio che è subito catturato nel silenzio delle pietre...quei blocchi, messi gli uni sugli altri alla rinfusa, formano con la loro base un gruppo di lettere dove è facile decifrare la parola REVE...come se tutte quelle parole fragili e senza peso avessero ricevuto il potere di organizzare il caos delle pietre...'L'arte della conversazione' è la gravitazione autonoma delle cose che formano le loro parole nell'indifferenza degli uomini, e la impongono a essi senza che neppure lo sappiano, nella loro chiacchiera quotidiana.
M. Foucault 

martedì 3 settembre 2013

CHAGALL, IL SOGNO E IL SEGNO: dalla Bibbia a Vervè.



A Palazzo Pergami (San Marino) è aperta la mostra CHAGALL, IL SOGNO E IL SEGNO- dalla Bibbia a Vervè. L'esposizione è composta da una ricca serie di opere, principalmente acqueforti e litografie, incentrate sulle illustrazioni per la Bibbia. 

M. Chagall, Aronne e il candelabro.
Fu Ambroise Vollard, celebre editore parigino, a commissionare a Chagall la serie di illustrazioni nel 1930, finanziandogli persino un viaggio in Palestina. Chagall credeva fermamente che non avrebbe potuto cominciare il lavoro senza prima toccare e 'sentire' la terra santa. In seguito, l'artista defininì le impressioni di questo viaggio come «le più forti della propria vita», fonti di ispirazione durante la realizzazione delle opere presentate in questa mostra.

I versi della Bibbia, che accompagnano le illustrazioni di Chagall, sono degli estratti dal libro sacro e riprendono la traduzione dei testi ebraici compiuta dai pastori e professori della Chiesa di Ginevra nel 1638.
L'uso essenziale dell'acquaforte serve a rendere il forte contrasto, volutamente cercato, tra il nero del peccato e il bianco della luce e del divino, una scelta contrastante in confronto alla produzione pittorica dell'artista, conosciuto per lo più per le sue tele dai vivaci colori. La selezione degli episodi risponde alla volontà dell’autore di aderire quanto più possibile alla sacralità del testo, individuando immagini e motivi fortemente caratterizzanti.

Chagall, Abramo. Pianto per Sarah.
Per inquadrare la natura di queste raffigurazioni bisogna  ricordare la cultura «hassidica» della sua formazione giovanile nell’ambiente familiare del ghetto di Vitebsk. Una cultura ed una formazione certamente distante dalla lettura colta e dalla interpretazione rabbinica della Legge e degli episodi della Bibbia.
Marc Chagall manifesta infatti, nelle sue immagini, accenti di pietà popolare, come in una delle illustrazioni più commoventi, nella quale riprende il gesto di Abramo mentre, a viso coperto, piange per Sara. I personaggi biblici sembrano emergere dalla sua memoria, come figure viste nel villaggio natale.
Nella sua immaginazione la Bibbia è certamente una grande storia, un grande racconto pieno di episodi stupefacenti che egli ha conosciuto fin dall’infanzia, di grandi figure mitiche, di eventi sovrannaturali, di intrecci divini e terreni, di visioni mirabolanti. Ciò che rende così interessanti le sue litografie è proprio il tentativo dell'artista di avvicinarsi ai misteri dell'universo e dell'uomo, radicati nella memoria collettiva del popolo ebraico (a cui appartiene).

Chagall, Il mantello di Noè.

Un'altra scena interessante è quella che ritrae Noè ubriaco, mentre  cercano di ricoprire le sue nudità con un mantello. La scena si ispira direttamente al racconto della Genesi: dopo il Diluvio, Noè piantò una vigna, produsse il vino novello, e si ubriacò. Allora Cam “scoprì la nudità di suo padre” – espressione che in ebraico antico significa anche “abusò sessualmente di lui”. Noè viene qui rappresentato nudo, ubriaco fradicio, con un fisico giovanile, lunghi riccioli e lunga barba scura, adagiato nei pressi di una pianta di vite. 
Dal punto di vista iconografico, il un giovane barbuto disteso nudo a terra mentre qualcuno lo copre pietosamente e la collina sullo sfondo, ricordano la scena di Cristo deposto dalla croce e avvolto in un telo. 
Noè viene metaforicamente rappresentato come il nuovo Adamo, il capostipite di un’umanità che ricomincia, dell’umanità definitiva (Genesi IX,11). Nella sua figura proteiforme si riassumono già tutte le aspirazioni e i drammi, gli ideali e le incoerenze della Storia e dell'uomo.

Chagall, Il sacrificio di Abramo.

Ancora profondamente umana è la scena che ritrae Abramo nell'atto di sacrificare Isacco. Colpisce anzitutto la bianca nudità del giovane Isacco esposta allo sguardo in maniera inquietante, in contrasto con l'ombrosa figura del padre, colta nella sua desolazione e intrisa di timore reverenziale. L'opera è infatti chiamata acutamente dall'artista "Il sacrificio di Adamo" e non di Isacco, proprio a mettere l'accento sulla scelta dolorosa e cupa presa da Adamo per dimostrare la propria fede. Il protagonista è quindi Adamo, in tutti i suoi tormenti e nelle sue angosce.  Il montone che verrà sacrificato al posto di Isacco è appena visibile sull’estremità sinistra del disegno, verso metà altezza; e si trova in piedi accanto a un grande albero. Chagall sembra chiaramente riprendere il midrash secondo cui il montone del sacrificio venne prelevato dall’angelo mentre brucava nei pressi dell’Albero della Vita in Eden. Così, l’alleanza con Abramo si innesta nella storia universale dell’umanità, anzi nella genesi del cosmo.


Chagall, Sansone e il leone.




Concludo, infine, con la raffigurazione di Sansone e il leone. A un primo sguardo, può apparire infantile e approssimativa (basta guardare le fattezze del leone) ma, ancora una volta, è nei dettagli che l'opera rivela il suo spessore. Il leone ha infatti lo stesso volto del giovane Sansone: la lotta non è quindi una semplice lotta corpo a corpo, ma una lotta contro sé stessi e i propri limiti. Inoltre, Chagall cancella al ragazzo nudo gli organi genitali che inizialmente aveva disegnato, quasi a sottolineare il superamento di ogni istinto “bestiale”. La raffigurazione richiama quindi la vittoria su sé stessi.




9 luglio – 8 settembre 2013

Ingresso: Intero Euro 10,00, ridotto Euro 5,00. Gratuito da 0/14 anni e over 60.

Museo di Stato, Palazzo Pergami
Centro storico, San Marino

Info:  tel 0549 882670
info.museidistato@pa.sm

giovedì 25 aprile 2013

Musée d'art ancienne à Bruxelles.

La prima visita al Musée royaux des Beaux-Arts de Belgique la dedico alla sezione di arte antica, ovvero dal XV al XVIII secolo.

Nella sala d'ingresso, vengo subito colpita da un Ribera.

Ribera, Apollo vilt Marsyas, 1637.

Il viso di Apollo è imperturbabile mentre scortica con indifferenza Marsia. Avvolto dal suo manto sollevato dal vento, è rappresentato in tutta la sua eleganza, simbolo di una volontà superiore. In compenso, il volto e la mano aperta e tesa di Marsia sono reali ed estremamente umani. In viso sembra quasi tridimensionale; si possono sentire le sue grida di dolore uscire dal quadro. Ha il viso arrossato e questi occhi neri, profondi, che ti scrutano dentro e sembrano implorare ancora aiuto. 
Solo sullo sfondo Ribera cela un piccolo slancio di compassione: a figura tiene il viso tra le mani, le sopracciglia che scendono verso il basso e lo sguardo cupo. Eppure non saprei dire se il dolore di cui è intrisa sia per compassione o più semplicemente per timore e senso di colpa: magari le mani cercano solo di coprire le grida di aiuto?

Rogier van Der Weyden, Pietà


Quale alba meravigliosa incombe su questo addio!
Il corpo di Cristo, esangue e scheletrico, giace a terra fra le braccia di una madre stanca. Lei lo guarda per un'ultima volta e gli sostiene dolcemente la testa; il gesto è di una grazia perturbante al confronto col corpo esausto e scomposto del figlio.
E questa luce sullo sfondo..che toglie il fiato.

Il museo prosegue con capolavori conosciuti, come Le tentazioni di Sant'Antonio  di Hieronymus Bosch, ma preferisco soffermarmi su un altro dipinto: il pannello centrale del Trittico Haneton di Bernaert Van Orley.



Bernaert Van Orley, mise au tombeau.

Mentre le figure sullo sfondo mantengono ancora una certa rigidità nelle posture e nella disposizione, il gruppo in primo piano conquista una nuova morbidezza. Il corpo di Cristo non è più un corpo scheletrico e contorto..
Attraverso questo corpo, completamente abbandonato dalla vita, la morte diviene tremendamente umana.
Le lacrime della Vergine e delle due donne che si protendono su di lui, sembrano pure e sincere, nella loro trasparenza. Non è un dolore drammatico o tragico: nella loro pacata tristezza, c'è comprensione e adesione a un destino più alto da compiere. Emerge tanta umanità in questo addio pervaso da una tristezza umile e consapevole di essere di fronte ad un addio preannunciato.

Infine vorrei parlare di una splendida scultura di Methieu Kessels, Scène du déluge.
Methieu Kessels, Scène du déluge


Lei, che si aggrappa con le ultime energie al piede dell'uomo e tiene ancora stretta a sé il figlio. Ormai quasi a peso morto, il corpo è segnato dalle vesti bagnate a cui il figlio si aggrappa nel tentativo di sollevarla. I capelli le cadono morbidi sul braccio e la bocca è dischiusa, come fosse priva di sensi. L'uomo, in tutta la sua tonicità, la sostiene tirandola anch'egli per il vestino e prendendola con una mano sotto un braccio.
Un attimo è qui rapito e conservato: l'attimo in cui lei cede e i riflessi pronti di lui lo spingono ad agire senza pensare.
Sul retro, un serpente..

Scène du déluge.



















Da non dimenticare (e da non perdere!), il capolavoro di Jacques Louis David, Marat assassiné.

Jacques-Louis David, Marat assassiné.
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