martedì 10 dicembre 2013

ERON / BLENDING

15 NOV 2013 / 12 GENNAIO 2014


Da un artista che nasce in strada ci si aspetta rabbia e trasgressione, invece Davide Salvadei, in arte Eron, è conosciuto per la sua riservatezza. Potrebbe sembrare uno stupido pregiudizio ma, di fatto, chi non ci ha pensato? Tuttavia, incontrandolo l'impressione che lascia è di una persona dolce, dalla voce pacata; schivo sì con i giornalisti, ma non maliziosamente per creare mistero e attesa attorno al suo nome, più per desiderio che le sue opere parlino per lui senza troppa retorica.
Imporre la propria voce in strada implica avere qualcosa da dire e volersi fare sentire, esporre in una mostra implica anch'esso la volontà esibire le proprie opere e, di conseguenza, una parte di sé.
Eppure non c'è contrasto fra questa verità e il suo desiderio di restare in penombra: questo dualismo fra una voce che si manifesta in strada e la sua figura sfuggente convive anche nella sua produzione artistica.



Da una parte gli attacchi urbani: chi tra i riminesi, come me, non ricorda le scritte
 K-RIMINI sparse per la città? E l'ironia sottile dei suoi murales che prendevano forma nelle notti silenziosamente, come quello in cui ritrae un imbianchino che copre una sua scritta?






Eron comincia a 15 anni con le sue prime scritte sui muri: erano gli anni in cui si fantasticava sulla vita dei writer newyorkesy solo grazie a rari documentari in cassetta (ovviamente in lingua originale); internet e la sua enorme capacità di diffondere conoscenza era ancora un mondo lontano. Non c'erano bombolette spry studiate appositamente, ma qualcuno scoprì che come tappino si poteva benissimo usare un banale tappino del deodorante...




Dall'altra parte, parallelamente, abbiamo le sue tele intrise di magia e malinconia. Due percorsi paralleli tradotti con un unico linguaggio: lo spray painting. Ma il suo talento non si ferma qui: grazie a lui la street art entra per la prima volta nella storia, nel tempio dove l’Arte supera le barriere temporali: la chiesa. L’affresco che misura quasi 50 metri quadrati, voluto dall’ingegnere Giuseppe Ferri e da Don Danilo Manduchi, oltre che a completare l’opera di ristrutturazione della chiesa di San Martino in Riparotta a Rimini, “consacra” la Street art a livello mondiale. Il risultato finale inganna l’occhio per l’eccezionale modo di riprodurre dettagli con il solo ausilio di bombolette spray e la perfetta padronanza della luce.





Ma veniamo alla mostra e al suo titolo: Blending dall'inglese to blend, ovvero fondere assieme, comprende una serie di tele con elementi figurativi strettamente legati al realismo, i quali si mischiano ed interagiscono con il segno “ingenuo”, tipico del tratto infantile. Viene da chiedersi cosa sia naturale e cosa artificiale: le opere di Eron ci portano a riflettere tra il sottile confine tra realtà e illusione.

Ad esempio, nell'opera scelta proprio come simbolo della mostra, una bambina resa con perizia fotografica osserva un gabbiano stilizzato. Disegno infantile e realismo interagiscono attraverso questo sguardo; tuttavia non dobbiamo dimenticare che anche la bambina, seppur ci pare più reale del gabbiano, è anch'essa un disegno.

La mostra Blending, curata da Andrea Bruciati, è composta da 20 opere realizzate con varie tecniche (dal graffito, allla pittura su tela fino all'installazione) ed è promossa dall’associazione culturale Il Garage con il sostegno della Fondazione San Marino Cassa di Risparmio – S.U.M.S. e delle Segreterie di Stato per la Cultura, per il Turismo e per il Territorio


Per tutta l'esposizione, l'artista confonde lo spettatore avvolgendolo nelle sue atmosfere nebbiose e visionarie e rapendolo con la sua capacità a dir poco fotografica di riprodurre luoghi e immagini del suo territorio. 
Protagonista è il mare, come luogo fisico e come immaginario attraverso il quale il pensiero acquista consistenza e si astrae in nuove sensazioni, da riscoprire e reinterpretare. Come in questa tela, la cui foto non rende la magia dello scintillio di un'alba sonnacchiosa sull'Adriatico.


Non resta che entrare e farsi trascinare nelle sue visioni oniriche..




Orari di apertura al pubblico
dal lunedì al giovedì, dalle 10 alle 19
dal venerdì alla domenica, dalle 10 alle 20

Ingressi
Biglietto intero € 5,00
Biglietto ridotto € 3,00 (ragazzi fino ai 13 e oltre i 65 anni)
Gratuito bambini fino ai 5 anni e portatori di handicap
Biglietto Mostra ERON BLENDING + IL MONDO DI LEONARDO € 13,00







Contatti
TELEFONO: 0549 992515
PALAZZO SUMS, Via G. B. Belluzzi, 1 – 47900 San Marino – Repubblica di San Marino

Per maggiori info http://eronblending.com


lunedì 16 settembre 2013

L'uccisione di...Canova.


Sono passati ormai quaranta giorni dalla triste notizia della distruzione dell' Uccisione di Priamo di Canova a Perugia. L'affresco doveva essere staccato dal muro dell'Accademia d'Arte della città per poi essere trasferito ad una mostra ad Assisi. Al momento dello stacco però l'opera cade e si frantuma in mille pezzi (vedi foto). Per quanto sia stato promesso un restauro per il recupero dell'opera, più di uno storico ha evidenziato come il danno sia ormai irreparabile.







Tomaso Montanari spiega bene, in un feroce attacco sul Fatto quotidiano, come alla base della mostra di Assisi non vi fosse alcun progetto scientifico, per cui lo spostamento di un'opera di tal valore fu azzardato e imprudente, per di più senza valide motivazioni. Unico vero obiettivo pare fosse il ritorno economico a cui puntano per lo più la maggior parte delle mostre, sempre più improntate sul modello blockbuster che sull'amore, il rispetto e lo studio di un partimonio.






Come aggravante, il fatto risultò indenunciato e pare che lo stesso Ministero dei Beni Culturali ne sia venuto a conoscenza dal Fatto quotidiano.







Galan, ex ministro della Cultura e presidente della Fondazione Antonio Canova, rivendica il valore della mostra di Assisi e lamenta le assurde accuse di Montanari, per poi proseguire lamentando la triste perdita seppur "fortuna vuole che quell’opera del Canova non sia copia unica, ce ne sono altre dieci in Italia" (come potete leggere dall'articolo su Il mattino di Padova). Peccato che l'opera fosse un originale (e non una riporduzione, seppur sia un soggetto multiplo, come accade coi bronzi). Inoltre, il gesso era stato donato all'Accademia dagli stessi eredi del Canova.



Non voglio stare qui a ripetere in continuazione quanto questo possa intristirmi ed essere indice dell'incuranza italiana verso il nostro patrimonio culturale, del resto Galan fece realizzare un catalogo di Intimissimi dentro la gispoteca di Canova.. Il punto è che il povero disgraziato non è certo il primo a trovarsi in questa situazione; il problema non è solo italiano ma internazionale. Andate su Google, cercate "arte distrutta" e troverete più di un caso.

Quindi Signor Galan, sì ce l'abbiamo con lei per la distruzione del Canova, ma non si senta il capo espiatorio perché non è solo! Oramai ci si promuove, spedendo le opere artistiche del nostro patrimonio come fossero biglietti da visita del brand Italia, noncuranti dei rischi che tali viaggi comportano e fregandocene invece di promuovere l'arte agli occhi degli italiani stessi.

Io ringrazio di avere avuto un docente come Giovanni Agosti, insegnante imprevedibile e difficile da soddisfare, spesso brusco con gli studenti che prendevano sotto gamba l'esame e che dimostravano di non avere interesse. 
Alla prima lezione del corso di Storia dell'Arte Moderna Agosti spiegò come l'arte non fosse per tutti e pensai che ciò fosse discriminatorio, ma ora mi rendo conto che in parte è vero: l'arte non può aprirsi a chi per primo non si apre e abbandona a lei. Ci spiegò come tutte queste mostricciole temporanee spesso non fanno altro che indebolire e rovinare le opere, che un'opera d'arte perde un po di sé quando viene decontestualizzata e allontanata dal suo posto, dalla sua storia. Detto questo, non intendo certo che qualsiasi mostra temporanea sia diabolica, anzi. Molte mi hanno permesso di vedere opere che altrimenti non avrei visto, di fare confronti e capire le influenze reciproche dei pittori.
Al di là di tutto ciò, ci parlò di Pasolini, di Chatwin e di cultura a 360 gradi. Ci spinse a viaggiare, a conoscere l'Italia, la sua arte e la sua storia.  Per un anno ho studiato, frequentato i corsi e viaggiato nei tempi che riuscivo a ritagliare (e coi pochi soldi a disposizione) ma girando ho imparato a riconoscere le pennellate dei maestri, i possibili inserimenti di allievi, le parti restaurate. Ho vissuto pomeriggi dentro Brera, girato ogni piccolo paese della Toscana e del Lazio, e poi Venezia, Napoli, tutta l'Emilia Romagna, la Liguria, la Lombardia....e dopo due anni, ancora non ho visto e assaporato tutto! Ho riscoperto l'Italia, i suoi scorci e i suoi colori, cercando di capire come un luogo possa influenzare la creazione da parte di un artista.
Ho imparato a sentire e amare l'arte.
Chi lavora in questo ambito dovrebbe trasmettere questo amore, quasi sacro, mentre oggi anche l'arte è stata soggiogata dal mercato...e questi sono i risultati.

lunedì 9 settembre 2013

Ceci n'est pas un rêve


Lavorare in galleria a volte può essere interessante. Puoi incontrare critici come Fattino Tedeschi e conversare con loro, confrontarsi sulle politiche culturali della provincia e dell'Italia stessa, incontrare amanti dell'arte e collezionisti. Altre volte è meno entusiasmante e ti vedi riflesso come in un film, in cui tu e la galleria restate fermi, immobili ed eterni mentre scie di persone passano rapidamente senza lasciare il segno. Il tempo corre e lo vedi dall'ombra che pian piano inghiotte la villa al calar del sole. Una forte malinconia ti avvolge e capisci... che non c'è arte senza condivisione. La solitudine schiarisce il pensiero, ma non c'è vita senza persone, paesaggi o momenti che, nel loro sfiorarti, lascino un'impronta nelle tue giornate.

...Ceci n’est pas un rêve...


Magritte, L'arte della conversazione I.



...in un paesaggio da principio del mondo o da gigantomachia, due minuscoli personaggi stanno conversando: discorso non udibile, mormorio che è subito catturato nel silenzio delle pietre...quei blocchi, messi gli uni sugli altri alla rinfusa, formano con la loro base un gruppo di lettere dove è facile decifrare la parola REVE...come se tutte quelle parole fragili e senza peso avessero ricevuto il potere di organizzare il caos delle pietre...'L'arte della conversazione' è la gravitazione autonoma delle cose che formano le loro parole nell'indifferenza degli uomini, e la impongono a essi senza che neppure lo sappiano, nella loro chiacchiera quotidiana.
M. Foucault 
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